Share This Article
Modella, performer, presenza magnetica. Lola Luxe non è semplicemente una figura estetica: è un concetto, una dichiarazione. Abbiamo incontrato Lola per parlare di bellezza, desiderio, libertà creativa e del ruolo sempre più fluido che il corpo e l’identità femminile stanno assumendo nel mondo dell’immagine contemporanea.
Ciao Lola, iniziamo con la domanda più semplice: chi è Lola Luxe?
Lola: Lola Luxe è una parte di me, ma anche qualcosa che supera la mia persona. È il mio alter ego, è lo spazio dove mi permetto di essere tutto quello che voglio: sensuale, forte, elegante, eccessiva, a volte vulnerabile. È la mia forma di libertà. Non è un personaggio inventato, ma una versione amplificata di chi sono quando spingo oltre i miei limiti creativi. È corpo, ma anche mente e visione.
Come ti sei avvicinata al mondo della moda e della fotografia?
Lola: Per caso, ma nulla accade davvero per caso, no? All’inizio posavo per amici fotografi, quasi per gioco. Poi ho capito che quello spazio davanti all’obiettivo era uno specchio dove potevo raccontare me stessa. E gli altri hanno iniziato a riconoscermi. Ho lavorato con artisti, designer, fotografi indipendenti, progetti underground. Mi piacciono i set che lasciano spazio all’improvvisazione, dove posso metterci la mia pelle e la mia testa, non solo un viso o una posa.
Il tuo stile è molto personale. Cosa ispira il tuo modo di presentarti?
Lola: Mi ispira l’estetica vintage, la femminilità anni ’50 e ’70, ma anche il cyberpunk, la moda fetish, il burlesque, l’underground berlinese. Amo mescolare codici. Un giorno sono diva, il giorno dopo sono aliena. Credo che ogni donna contenga mille archetipi, e che non dobbiamo sceglierne solo uno per piacere agli altri. Io non vesto per sedurre, vesto per evocare.
Qual è il tuo rapporto con il corpo e con lo sguardo degli altri?
Lola: Il corpo è il mio primo linguaggio. Lo amo, ma non lo idolatro. È uno strumento, è un ponte. Posare nuda o in lingerie non è mai stato per me un atto di esibizionismo, ma di autenticità. Lo sguardo degli altri può essere tagliente, morboso o ammirato. Sta a me decidere come accoglierlo. L’importante è che non diventi una gabbia. Io creo la mia narrativa, e lo sguardo può scegliere se entrare o no.
Hai mai pensato di aprire un profilo OnlyFans?

Lola: Me lo chiedono spesso. La risposta è no. Non ho nulla contro chi lo fa, anzi. Credo che le donne debbano monetizzare la propria immagine se lo desiderano, con rispetto e consapevolezza. Ma io ho bisogno di contesto, di narrazione. Per me l’erotismo è sempre collegato all’arte, all’immaginario, al simbolismo. OnlyFans oggi è troppo legato a un certo tipo di consumo veloce. Io preferisco restare dove posso costruire atmosfere, non solo contenuti.
Come vivi il rapporto con i fotografi in Italia?
Lola: Con attenzione. Ci sono professionisti incredibili, creativi con cui collaboro con stima reciproca. Ma c’è anche molta superficialità, e purtroppo ancora chi confonde fotografia con “occasioni personali”. Io pongo confini chiari. Quando trovo un fotografo che mi vede davvero come artista e non solo come corpo, allora nasce qualcosa di speciale. In Italia c’è tanto talento, ma servirebbe più educazione al rispetto e al consenso.
Secondo te, com’è cambiata l’arte con l’arrivo dell’intelligenza artificiale?
Lola: È un cambiamento enorme, inevitabile. Da una parte apre possibilità nuove: si possono creare mondi visivi impossibili, dare forma a sogni. Ma dall’altra c’è un rischio profondo: quello di sostituire l’umano, la pelle, l’imperfezione. Io credo nell’arte viva, nella presenza, nel respiro. Un algoritmo non ha desiderio, non ha vergogna, non ha storia. Possiamo usarlo come strumento, ma non dobbiamo lasciargli il palco. L’emozione vera nasce ancora dal contatto tra esseri umani.
Hai lavorato sia in Europa che in Asia. Quali differenze hai notato nel mondo della moda alternativa?
Lola: L’Asia ha un senso del dettaglio fortissimo, una cultura visiva raffinata e un’attenzione quasi rituale per l’estetica. Ma tende a essere più conservatrice nei temi sessuali. In Europa, invece, c’è più libertà concettuale, più provocazione, ma anche più caos. Ogni luogo mi ha dato qualcosa. Io cerco di assorbire il meglio da entrambi: la precisione asiatica e l’audacia europea.
In una parola, cosa rappresenta per te essere modella oggi?
Lola: Potere. Non nel senso di dominio, ma di consapevolezza. Essere modella oggi non significa essere “guardata”. Significa scegliere come farsi vedere. E questo, per me, è uno degli atti più rivoluzionari che una donna possa compiere.