Negli ultimi mesi, molti uomini si sono trovati davanti a una novità che ha spiazzato più di qualcuno: per entrare nei siti porno non basta più cliccare “Sì, ho più di 18 anni”. Ora ti chiedono di verificare l’età con documenti, app ufficiali o sistemi di controllo esterni.
E la domanda, spontanea, è: perché?
In teoria la risposta è semplice: proteggere i minori. Nulla da dire su questo. Il problema è tutto il resto. Perché il porno, per decenni, è stato uno degli ultimi spazi di privacy dell’uomo digitale. Un luogo segreto, intimo, dove puoi esplorare senza sentirti osservato.
Con l’autenticazione obbligatoria questa sensazione cambia completamente. Da un giorno all’altro ti ritrovi davanti a una porta che non si apre se non dici chi sei davvero. E allora inizi a porti domande che non avresti mai pensato di doverti fare.
Dove finiscono i miei dati?
Chi li gestisce?
Sono registrati?
E soprattutto: voglio davvero collegare il mio nome a quello che guardo nel privato più privato?
La verità è che la questione non riguarda il porno in sé, ma il concetto di privacy.

L’uomo contemporaneo è abituato a condividere tanto online, ma non questo. Non le sue fantasie. Non quel momento dove il desiderio è quasi una confessione. L’idea che un algoritmo o un sistema statale possa anche solo avvicinarsi a questa sfera crea un disagio difficile da ignorare.
E mentre succede tutto questo nel mondo “reale”, l’erotismo digitale si sposta altrove. Proprio mentre i contenuti tradizionali diventano sempre più regolamentati, controllati e filtrati, l’immaginario erotico digitale si allarga. Le modelle create con l’IA, gli avatar, le narrazioni virtuali… sono ovunque. E sono accessibili senza login, senza documenti, senza dover giustificare nulla.
C’è qualcosa di quasi ironico in tutto questo.
Per contenuti reali devi autenticarti.
Per quelli sintetici, no.
Ed è qui che molti uomini trovano una sorta di rifugio alternativo: un erotismo più libero, più discreto, più “tuo”. Anche per questo, in fondo, stanno nascendo blog come questo, dove l’erotismo non è solo consumo, ma racconto. Non è cronaca di corpi, ma immaginazione. Non è un database, è una narrazione personale.
Alla fine la domanda che rimane è molto semplice: cosa stiamo perdendo quando lasciamo che l’intimità venga filtrata da un sistema di controllo?
Il porno non sparirà, ovviamente. Cambierà forma, cambierà direzione, cambierà pubblico. E noi, inevitabilmente, cambieremo con lui.
Forse questa fase di autenticazione obbligatoria servirà a renderci più consapevoli. A riconoscere che il desiderio non è un clic da nascondere, ma una parte di noi che merita rispetto. Forse ci spingerà a cercare nuovi spazi, più sicuri e più umani, in cui esplorare ciò che ci attira davvero.
Perché in fondo non stiamo parlando solo di accesso a un sito.
Stiamo parlando di libertà, di intimità e di come vogliamo viverle in un mondo dove anche il desiderio rischia di diventare tracciabile.
E questo sì, riguarda tutti.
